Recentemente è apparso su Agendadigitale un articolo del MIUR a tema “La nostra strategia per rendere la Scuola il motore del Paese”. Si tratta di una sorta di resoconto sulla portata dell’investimento del Ministero sulle competenze digitali e di come queste potranno preparare i nostri giovani, agganciandoli al mondo dei nuovi lavori che sempre più coincidono con “il Mondo del Lavoro”.
La relazione fa il resoconto fedele su quanto previsto e realizzato dal Piano Nazionale Scuola Digitale, ma risulta come al solito troppo asettica e superficialmente agganciata alla spinta educativa globale. Pochi gli aspetti critici su cui riflettere: sembra di aver investito su qualcosa che non ci appartiene e che non abbiamo sufficientemente interiorizzato al fine di “riutilizzare, riadattare e scalare, secondo lo spirito Open-Source”. Non esistono ambienti e strumenti centralmente proposti per un intento condiviso e le nostre Community risultano statiche come bacheche su cui appendere a turno le nostre clip.
Saltando a piè pari i problemi di natura strutturale e infrastrutturale in senso informatico che affliggono la nostra “banda nazionale”, sorvolando la parte iniziale e centrale dell’articolo in oggetto, pieno zeppo di “verità incontrovertibili”, vorrei puntualizzare quanto riportato nella parte finale relativamente al bando “Curricoli Digitali”: progetto promosso ad inizio 2016 e inteso a favorire, da parte di scuole riunite in Rete, la “PRODUZIONE DI 25 CURRICOLI PER GLI ALUNNI STIMOLANTI E ATTRATTIVI SOTTO LICENZA Creative Commons” … . All’interno del nostro resoconto ministeriale, questa iniziativa viene inquadrata come “Un bando che ci invidiano all’estero: un investimento in Open Educational Resources” (OER) da una parte e in format didattici altamente innovativi e scalabili dall’altra“.
Al di là del tenore inesorabilmente altisonante e autocelebrativo che troppo spesso traspare da chi riporta questo tipo di informazioni, sarebbe invece più appropriato far presente che in altri contesti nazionali questo tipo di iniziative hanno avuto la loro lunga sperimentazione e sono pervenute a conclusioni che varrebbe la pena menzionare e tenere in considerazione per non ripetere errori derivanti da condizioni che accomunano il mondo della nostra Scuola a quella degli altri Paesi.
Nel lontano 2002, negli Stati Uniti, parte il progetto netTrekker con il fine di assistere insegnanti e studenti nella ricerca accurata di risorse digitali di qualità su Internet. Poco dopo viene creato Curriki, un “social network collaborativo per operatori della scuola”, utilizzato per la condivisione di risorse educative “open” (OER).
Cinque anni più tardi vede la luce il portale dell’organizzazione non-profit CK-12 pensato anch’esso per creare e condividere contenuti educativi con
licenza Creative Commons: stiamo parlando di Flexbooks e qui ci vorremmo soffermare e spendere alcune parole in merito. Con questo termine non ci riferiamo ad un economico computer convertibile (come si potrebbe facilmente arguire da una ricerca su browser in lingua italiana), ma a libri di testo creati da Community di operatori della scuola (esperienza simile al nostro Book In Progress), “personalizzabili” secondo il livello scolastico e gli stili di apprendimento, su piattaforma Open Source (https://www.ck12.org/). Tutti i contenuti dovevano rispettare gli standard educativi nazionali e si potevano modificare in maniera collaborativa attraverso tecnologie web-based come Django-Framework, Apache, MySQL, Google Web Toolkit.
In quel preciso istante anche Edmodo apre al Web i suoi repository di OER con Edmodo Spotlight e alla fine del’anno 2011 compaiono i libri digitali che, come nel nostro caso, presentano costi troppo simili e talvolta superiori a quelli tradizionali.
L’anno successivo, dopo la pressoché totale adesione agli standard CCSS (Common Core State Standards) da parte di tutti gli stati, apre i suoi OER Repository il progetto OpenEd e con esso si assiste ad una spinta estremamente euforica, con le scuole in fibrillazione per la possibilità di poter rimpiazzare i libri di testo con risorse free, personalizzabili per ogni tipo di bisogno educativo.
Arriviamo così al 2016, un anno fa, quando il Dipartimento per l’Educazione statunitense promuove il progetto GoOpen, puntando tutto sull’impegno di insegnanti disposti a creare e cercare nel loro tempo libero risorse con licenza open di alta qualità sia per alunni che per gli stessi docenti, da inserire nei diversi curricula.
Il progetto, iniziato nel 2012 con OpenEd e sviluppato con GoOpen, si è concluso evidenziando nel percorso numerosi limiti ed errori che andiamo a sottolineare attingendo dalla lettura dall’articolo “Pressing the reset button on OER“:
- aver sottostimato l’ingente portata del compito (consistente nella realizzazione e individuazione di OER), lasciato totalmente a carico delle scuole.
- aver richiesto alla categoria docente un difficile impegno extra, molto oltre la dimensione contrattuale.
- La mancanza di spirito collaborativo tra gli insegnanti radicati nel loro sistema collaudato di lezione testo-dipendente.
- La mancanza di un ambiente collaborativo web-based, come strumento indispensabile per promuovere quanto evidenziato come deficitario al punto precedente.
Molti hanno così invitato per il futuro a far tesoro di quanto non ha funzionato con OpenEd e GoOpen: non si dovrà contare troppo sulla buona volontà dei tanti singoli insegnanti per l’individuazione e la produzione di risorse liberamente accessibili (OER), ma sarà importante procurare loro un “framework” comune, una struttura, un template su cui creare dei curricula con Risorse Educative Open per i vari ordini di scuola, sulla base di standard riconosciuti ed accettati.
Sulla scorta di quanto evidenziato, viene riproposto “il modello non-profit K-12”, con il supporto di piattaforme open source che forniscano strumenti web-based utili alla realizzazione condivisa di curricula contenenti Risorse Educative Open (OER). Alla fine del 2016 ogni intento sembra essersi concretizzato nel progetto OpenUp Resources al quale hanno già aderito 11 stati. Tutti i materiali prodotti con licenza Creative Commons saranno concepiti per il mondo digitale, con elementi interattivi e multimedia oggi più che mai indispensabili nei processi di apprendimento.
Ma torniamo a noi. Alla luce di quanto decritto credo sia utile porci delle domande sperando che qualcun altro se le sia già poste, malgrado l’evidenza:
- Perché non prendere tutto questo in considerazione?
- Perché riproporre schemi già percorsi da altri con esiti per nulla soddisfacenti?
- Perché non fornire agli insegnanti strumenti collaborativi web-based come visto sopra?
Le risposte potrebbero essere molte e le lascio ad ognuno di voi, al di là di quanto puntualmente riportato dal Ministero dell’Istruzione.
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